Si segnala la pronuncia in esame perché offre una soluzione innovativa, superando in parte il problema dell’incompatibilità tra la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e la continuazione.

Inoltre, un approfondimento dell’istituto della particolare tenuità del fatto è di grande interesse in quanto possibile argomento d’esame, con particolare riferimento alla redazione dell’atto di diritto penale.

Ripercorrendo brevemente il fatto, la pronuncia prende le mosse dalla vicenda di una dipendente della società che aveva in concessione i servizi cimiteriali nel Comune di Pesaro, alla quale veniva contestato il reato di peculato d’uso continuato in relazione a plurime telefonate effettuate  nell’arco di tre mesi con l’utenza assegnata alla società e per ragioni riconducibili in via esclusiva all’interesse personale dell’imputata.

Il Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Pesaro riteneva l’offesa al bene giuridico protetto di particolare tenuità  in ragione del ridotto numero di telefonate e della durata non estesa delle stesse e, conseguentemente, dichiarava non luogo a procedere per la ricorrenza della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p..

Avverso tale pronuncia proponeva ricorso per Cassazione il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Ancona per violazione di legge con riferimento all’art. 131-bis c.p., evidenziando che anche il reato continuato configura un’ipotesi di reato abituale incompatibile con la succitata causa di non punibilità.

Dunque, le questioni giuridiche sottoposte al vaglio della Corte di Cassazione si possono così sintetizzare: la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis c.p. può essere dichiarata in presenza di più reati legati dal vincolo della continuazione? La commissione di plurime condotte naturalistiche perpetrate nel medesimo contesto spazio-temporale e con identità criminosa è sempre ostativa al riconoscimento della non punibilità per particolare tenuità del fatto?

Con riferimento alla prima questione, ossia ai rapporti tra reato continuato e particolare tenuità del fatto, l’interpretazione giurisprudenziale maggioritaria, condivisa anche dalla pronuncia in esame, è ferma nel ritenere che la causa di non punibilità ex art. 131-bis c.p. non possa essere dichiarata in presenza di più reati legati dal vincolo della continuazione, in quanto anche il reato continuato, essendo manifestazione di una devianza non occasionale, integra un’ipotesi di comportamento abituale, ostativa al riconoscimento del beneficio (Cass. Pen., Sez. VI, 13 dicembre 2017, n. 3353; Cass. Pen., Sez. V, 15 maggio 2017, n. 48352).

In senso contrario, si è formato un orientamento minoritario, il quale osserva che non vi può essere una costante identificazione tout court tra continuazione e abitualità nel reato, atteso che il Legislatore, nell’introdurre la nuova causa di non  punibilità, ha preferito ricorrere ad un concetto diverso da quello di occasionalità: tale scelta si giustifica con la volontà di assicurare all’istituto in questione un più esteso ambito di operatività, escludendovi solo quei comportamenti espressivi di una seriazione dell’attività criminosa e di un’abitudine del soggetto a violare la legge (Cass. Pen., Sez. II, 29 marzo 2017, n. 19932). Secondo questa interpretazione, il giudice, sulla base dei due indici-requisiti della modalità della condotta e dell’esiguità del danno e del pericolo, dovrà soppesare di volta in volta l’incidenza della continuazione in tutti i sui aspetti (a titolo esemplificativo: gravità del reato, capacità a delinquere, durata temporale della violazione) per giungere ad esprimere un giudizio di meritevolezza o meno al riconoscimento della causa di non punibilità.

Ben più innovativa si rivela la seconda questione oggetto della pronuncia in esame. Infatti, la Corte di Cassazione osserva che non osta al riconoscimento del beneficio di cui all’art. 131-bis c.p. la consumazione di plurime condotte naturalistiche perfezionatesi in un unitario contesto spazio-temporale, trattandosi non già di condotte plurime avvinte dal vincolo della continuazione, ma di un’unica condotta inscindibile.

Questo innovativo paradigma interpretativo valorizza la distinzione tra continuazione cd. diacronica, ossia delitti commessi in esecuzione di un disegno criminoso unitario ma in momenti spazio-temporali distinti tra loro, e continuazione cd. sincronica, ovvero reati espressivi di una identità soggettivo-ideativa e di una comunanza materiale sotto il profilo spazio-temporale dell’azione.

A ben vedere, dunque, la pronuncia in esame, oltre ad avvalorare la lettura dominante sull’applicabilità dell’istituto della particolare tenuità del fatto al reato continuato, offre una soluzione inattesa laddove considera le condotte naturalistiche plurime (nel caso di specie, trattasi di alcune telefonate effettuate nell’arco di tempo di tre mesi) come parti di un unitario contesto spazio-temporale, inquadrandole, dunque, come un’unica condotta inscindibile.

Tale lettura appare condivisibile soprattutto nell’ottica di politica criminale con finalità deflattiva perseguita dal Legislatore del 2015, consentendo, al di là del dato letterale, di applicare l’istituto anche in presenza di condotte naturalistiche plurime.

Alla luce di tale innovativa interpretazione, la Corte di Cassazione, pur aderendo all’orientamento maggioritario in ordine ai rapporti tra continuazione e particolare tenuità del fatto, rigettava il ricorso proposto dal Procuratore Generale sul presupposto della non ricorrenza degli estremi del reato continuato: infatti, il Collegio evidenziava che l’unitario contesto spazio-temporale di estrinsecazione delle azioni compiute dall’imputata, ancorché naturalisticamente plurime, costituiva una condotta inscindibile e, come tale, compatibile con l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

Avv. Elena Daniele

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOGINI    Stefano       –  Presidente   –

Dott. VILLONI   Orlando       –  Consigliere  –

Dott. CALVANESE Ersilia       –  Consigliere  –

Dott. CORBO     Antonio       –  Consigliere  –

Dott. VIGNA     Maria S. –  rel. Consigliere  –

ha pronunciato la seguente:

 SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI ANCONA;

nel procedimento a carico di: B.C., nato il (OMISSIS);

avverso la sentenza del 31/05/2017 del GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di PESARO;

sentita la relazione svolta dal Consigliere MARIA SABINA VIGNA;

sentite le conclusioni del PG GIOVANNI DI LEO che conclude per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.

Udito il difensore avvocato RUGGERI Lorenzo che si riporta alla memoria già depositata.

Fatto
RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento impugnato, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Pesaro ha dichiarato, ai sensi dell’art. 425 c.p.p. e art. 131-bis c.p., non luogo a procedere nei confronti di B.C. per la particolare tenuità del fatto in relazione al reato di cui agli artt. 81 cpv. e 314 c.p..

All’imputata, dipendente, all’epoca dei fatti, della società che aveva in concessione lo svolgimento dei servizi cimiteriali nel comune di Pesaro, è stato contestato il reato di peculato d’uso continuato in relazione a plurime telefonate effettuate a maggio, giugno e luglio 2011, con l’utenza assegnata alla società, non riconducibili in modo oggettivo e chiaro all’espletamento delle sue funzioni.

Il G.u.p, ritenendo tali telefonate limitate nel tempo e di durata non estesa, ha reputato l’offesa al bene giuridico protetto di particolare tenuità ed ha, conseguentemente, dichiarato non luogo a procedere per la non punibilità dell’imputata ex art. 131-bis cod. pen..

2. Ricorre il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Ancona, che chiede l’annullamento della sentenza impugnata per violazione di legge con riferimento all’art. 131-bis c.p., deducendo che anche il reato continuato configura un’ipotesi di reato abituale e che la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto non può essere dichiarata in presenza di più reati legati dal vincolo della continuazione.

3. Il 9/01/2017 è stata depositata memoria nell’interesse di B.C., nella quale si chiede venga dichiarata l’inammissibilità del ricorso per l’inconsistenza della tesi accusatoria e per l’insussistenza del vincolo della continuazione. Si richiama, inoltre, il recente orientamento giurisprudenziale secondo il quale è possibile dichiarare la causa di esclusione della punibilità ex art. 131-bis c.p. anche in presenza di più reati legati dal vincolo della continuazione.

Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è destituito di fondamento e deve essere disatteso.

2. Deve premettersi che il Collegio ritiene di aderire all’orientamento giurisprudenziale maggioritario secondo il quale la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis c.p. non può essere dichiarata in presenza di più reati legati dal vincolo della continuazione, in quanto anche il reato continuato configura un’ipotesi di “comportamento abituale” per la reiterazione di condotte penalmente rilevanti, ostativa al riconoscimento del beneficio, essendo il segno di una devianza “non occasionale” (Sez. 5, n. 48352 del 15/05/2017, P.G. in proc. Mogoreanu, Rv. 271271; Sez. 2, n. 1 del 15/11/2016 – dep. 02/01/2017, Cattaneo, Rv. 26897001; Sez. 5, n. 4852 del 14/11/2016 – dep. 01/02/2017, De Marco, Rv. 26909201; Sez. 3, n. 43816 del 01/07/2015 dep. 30/10/2015, Amodeo, Rv. 26508401).

3. Nel caso in esame non si verte, però, nell’ipotesi di reato continuato, posto che, in considerazione delle peculiarità del reato contestato, deve ritenersi che le condotte ascritte all’imputata, per l’unitario contesto spazio – temporale nel quale si collocano, vadano di fatto a costituire una condotta inscindibile per l’unitario contesto.

3.1. E’ principio consolidato quello secondo il quale la condotta del pubblico ufficiale o dell’incaricato di un pubblico servizio che utilizzi il telefono d’ufficio per fini personali al di fuori dei casi d’urgenza o di specifiche e legittime autorizzazioni, integra il reato di peculato d’uso (Sez. U, n. 19054 del 20/12/2012, dep. 02/05/2013, Rv. 255296).

Considerata, poi, la struttura del peculato d’uso (che implica l’immediata restituzione della cosa), la valutazione in discorso deve di regola essere riferita alle singole condotte poste in essere, salvo che le stesse, per l’unitario contesto spazio-temporale, non vadano di fatto a costituire una unica condotta inscindibile.

3.2. Ritiene il Collegio che, nel caso in esame, ricorra proprio tale ultima ipotesi, avendo l’imputata utilizzato il telefono dell’ufficio in un arco temporale assai ristretto.

Le singole telefonate poste in essere dall’imputata devono, quindi, essere considerata come un’unica condotta e non come condotte plurime, eventualmente unite dal vincolo della continuazione.

3.3. Alla luce di quanto sopra evidenziato, non si pone, pertanto, la questione afferente l’inapplicabilità al reato continuato della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p..

La condotta posta in essere dalla B., peraltro, ha prodotto un’offesa al bene giudico protetto sicuramente di particolare tenuità e, conseguentemente, bene ha fatto il G.u.p. di Pesaro a dichiarare non doversi procedere nei confronti della stessa ricorrendo la causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto.

PQM
P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 12 gennaio 2018.

Depositato in Cancelleria il 13 marzo 2018