La responsabilità della banca nella più recente giurisprudenza: le Sezioni Unite 9769/2020 sul concorso di colpa tra banca e danneggiato nel caso di spedizione di assegno non trasferibile con posta ordinaria.

Le Sezioni unite con una recente pronuncia hanno affrontato la tematica, a lungo dibattuta, circa la responsabilità dell’istituto di credito per il pagamento di un assegno non trasferibile a soggetto diverso dal reale beneficiario, affermando la configurabilità di un concorso di colpa ex 1227 c.c. tra banca e mittente che abbia utilizzato il mezzo della posta ordinaria per spedire il titolo al beneficiario.

Vediamo come si è pervenuti a questa decisione partendo dall’analisi della natura giuridica della responsabilità della banca per soffermarsi poi sul nesso di causa nella responsabilità civile e analizzare, infine, la disciplina del concorso del fatto colposo del creditore nella produzione del danno.

  1. La natura giuridica della responsabilità

La problematica muove dalla lettura dell’art. 43 co 2 della Legge assegni (RD N.1738/1933), il quale prevede che “colui che paga un assegno non trasferibile a persona diversa dal prenditore o dal banchiere giratario per l’incasso risponde del pagamento”.

Un primo orientamento giurisprudenziale aveva riconosciuto la responsabilità oggettiva della banca facendo leva sull’art. 42 L.A. che dispone (in deroga alla regola generale ex artt. 1992 e 1189 c.c.) che la banca negoziatrice non sia liberata dalla propria obbligazione finché non paghi nuovamente all’effettivo prenditore, a prescindere dall’esistenza o meno di profili di colpa in capo al banchiere che ha preso parte all’operazione. (ex multis Cass. civile 10190/2001; 3654/2003; 7949/2010; 3405/2016)

A contrario un secondo orientamento riteneva che per aversi responsabilità della banca negoziatrice non si potesse prescindere dall’accertamento della colpa in capo all’operatore della banca che non avesse proceduto diligentemente a identificare il presentatore del titolo con la diligenza professionale qualificata richiesta dall’art. 1176 comma 2 c.c.

Le Sezioni Unite della Corte di cassazione intervengono a dirimere il contrasto con una prima pronuncia, la n. 14712/2007, con la quale riconoscono la natura contrattuale da contatto sociale qualificato della responsabilità della banca nel caso di pagamento di assegno a soggetto non legittimato.

A tal fine viene ravvisato un obbligo professionale di protezione nei confronti di tutti coloro che prendono parte all’operazione, volto a fare in modo che i titoli circolino correttamente nel circuito bancario.

Tale obbligo trova la sua fonte nell’art. 1173 c.c. norma da cui si ricava, secondo l’orientamento ormai prevalente in dottrina e in giurisprudenza, il principio di atipicità delle fonti dell’obbligazione, volto a consentire la nascita del rapporto obbligatorio anche in assenza di una previsione normativa.

In base ad un’interpretazione costituzionalmente orientata, infatti, si è ritenuto che in particolari situazioni, in cui viene in rilievo un’attività di tipo professionale, si giustifichi una tutela più intensa rispetto a quella riconosciuta dal 2043 c.c., sulla base del particolare affidamento ingenerato in capo a colui che riceve la prestazione.

La mera tutela aquiliana, in tali casi, rischierebbe di compromettere i valori costituzionalmente rilevanti di solidarietà sociale (art. 2 Cost.) e tutela della persona che reggono l’ordinamento nel suo complesso.

Ne consegue, quindi, che la banca è responsabile nei confronti dei soggetti danneggiati dall’operazione secondo le regole previste dagli artt. 1218 e ss c.c., tuttavia è sempre ammessa a provare che l’inadempimento non le è imputabile, per avere la stessa assolto la propria obbligazione con la diligenza professionale qualificata di cui all’art. 1176 comma 2 c.c.

Tale principio è stato, inoltre, recentemente ribadito dalle Sezioni Unite dapprima con la sentenza n. 12477 del 2018 e da ultimo con la n. 9769 del 2020.

  1. La diligenza qualificata della banca ex 1176 co 2 c.c.

Qual è il livello di diligenza che incombe sulla banca negoziatrice nella fase di accertamento dell’identità dei portatori di un titolo che si assumano legittimati all’incasso?

La Cassazione nelle due sentenze del 2018 e del 2020, sopra richiamate, non indica con precisione quali siano gli accertamenti concreti che la banca trattaria debba effettuare, alla luce della diligenza qualificata richiesta dall’art. 1176 co 2 c.c., al fine di esonerarsi da responsabilità.

Sul punto, una recente pronuncia di merito ha affermato come non possa ritenersi sufficiente che la banca si limiti a raccogliere copia di un documento di identità e del codice fiscale senza procedere a un controllo più approfondito come, ad esempio, la richiesta di un secondo documento di identità o la presenza di soggetti fidefacenti. (Trib. Milano, sez VI, 23.01.2020 n. 593)

Solo un accertamento rigoroso e approfondito può ritenersi conforme al canone di diligenza professionale, previsto dall’art. 1176, comma 2, c.c., e, conseguentemente risultare idoneo a esonerare la banca da responsabilità per inadempimento ai sensi dell’art. 1218 del codice civile.

Ciò chiarito e prima di analizzare la questione relativa all’operatività del concorso di colpa del mittente ex art. 1227 c.c. con la banca trattaria è necessario premettere alcune considerazioni con riferimento alla disciplina del nesso di causa nella responsabilità contrattuale.

  1. Il nesso di causa nella responsabilità contrattuale

Le norme di riferimento anche per la materia civile sono l’art. 40 e 41 del Codice penale che configurano il rapporto di causalità tra condotta ed evento in tutte quelle cause necessarie e sufficienti a produrlo o che appaiano, con una valutazione ex ante, verosimilmente idonei alla sua realizzazione.

L’art. 41 co 2 c.p. in tema di cause sopravvenute specifica, inoltre, che in presenza di più azioni od omissioni l’evento dannoso può essere attribuito solo all’autore della condotta sopravvenuta quando questa risulti tale da ritenere irrilevanti le altre cause preesistenti.

Da tale regola discende che l’evento possa essere attribuito soltanto all’autore della condotta sopravvenuta quando nasce da uno sviluppo assolutamente anomalo rispetto ad una serie causale già in atto.

Analogo principio è sancito in materia contrattuale all’art. 1227 co 1 c.c. dalla cui lettura può ricavarsi che il comportamento colposo del danneggiato (realizzatosi tanto dopo la condotta del danneggiante quanto prima) possa interrompere il nesso eziologico quando abbia un’incidenza tale sull’evento da far escludere ogni efficienza causale delle condotte precedenti o successive del danneggiante.

Laddove, invece, la condotta del danneggiato risulti concorrente con quella del danneggiante, il risarcimento dovuto da quest’ultimo dovrà essere diminuito in base alla gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate.

Tanto premesso, la giurisprudenza si è interrogata sulla possibilità di configurare un concorso di colpa tra banca negoziatrice e mittente in caso di sottrazione e successivo incasso non legittimato di un assegno spedito da quest’ultimo mediante posta ordinaria.

  1. Il concorso di colpa ex 1227 c.c.

Secondo un primo rigoroso orientamento veniva esclusa una rilevanza causale nel comportamento del mittente, facendosi leva sul fatto che la mancata corretta identificazione, da parte della banca negoziatrice, del soggetto che si presenta ad incassare l’assegno non trasferibile sarebbe un fatto sopravvenuto idoneo ad interrompere il nesso tra la condotta del danneggiato e l’evento.

A sostegno di tale tesi si ribadiva la funzione della clausola di non trasferibilità volta a salvaguardare il beneficiario prenditore dal rischio della distruzione, smarrimento o del furto del titolo, così da considerare incompatibile con tale logica l’accollo, sia pur parziale, di responsabilità del mittente.

L’orientamento successivo aperto alla possibilità di accertare un concorso di colpa nella scelta del mittente di utilizzare un mezzo poco sicuro quale la posta ordinaria, è stato avvallato di recente dalle Sezioni Unite. (SU 9769/2020)

Secondo la Cassazione le modalità selezionate ai fini della trasmissione del titolo possono dispiegare senza dubbio un’efficienza causale, stante la consapevole esposizione al rischio di smarrimento del titolo da parte del mittente danneggiato.

La funzione della clausola “non trasferibile”, infatti, non scongiura l’ipotesi che l’assegno venga presentato all’incasso da soggetto diverso dal beneficiario, ma si limita, come ricordato, ad impedire la circolazione del titolo.

L’esposizione volontaria al rischio è stata ritenuta dalla Corte sufficiente a giustificare il riconoscimento del concorso di colpa ex art. 1227 co 1 c.c. tra banca danneggiante e mittente danneggiato, in virtù della considerazione che la riduzione della responsabilità della banca danneggiante è configurabile in tutti i casi in cui il danneggiato si esponga volontariamente ad un rischio superiore alla norma.

  1. Conclusioni

Sulla scorta delle argomentazioni sopra esposte le Sezioni Unite hanno espresso il seguente principio di diritto «La spedizione per posta ordinaria di un assegno, ancorché munito di clausola d’intrasferibilità, costituisce, in caso di sottrazione del titolo e riscossione da parte di un soggetto non legittimato, condotta idonea a giustificare l’affermazione del concorso di colpa del mittente, comportando, in relazione alle modalità di trasmissione e consegna previste dalla disciplina del servizio postale, l’esposizione volontaria del mittente ad un rischio superiore a quello consentito dal rispetto delle regole di comune prudenza e del dovere di agire per preservare gl’interessi degli altri soggetti coinvolti nella vicenda, e configurandosi dunque come un antecedente necessario dell’evento dannoso, concorrente con il comportamento colposo eventualmente tenuto dalla banca nell’identificazione del presentatore».

Di Giulia Solenni