Si segnala l’ordinanza del 17 febbraio 2017, n. 7696 con la quale la Sezione Quarta della Suprema Corte ha rimesso alle Sezioni Unite la seguente questione: <<se, in tema di furto, è contestabile all’imputato la circostanza aggravante della destrezza in ipotesi in cui questi si sia limitato ad approfittare della distrazione temporanea della vittima>>.

Sul punto, infatti, si registra in seno alla Suprema Corte un contrasto giurisprudenziale, la cui risoluzione – rimessa alle Sezioni Unite – avrà ovvie e rilevanti conseguenze pratiche.

Secondo un primo orientamento, la disattenzione della vittima non esclude la configurabilità del delitto di furto aggravato con destrezza. Si ritiene, infatti, che, in tali ipotesi, la condotta del reo sia indicativa di una più spiccata capacità a delinquere, meritevole di un trattamento sanzionatorio più rigoroso.

Secondo il contrario orientamento, invece, l’aggravante in parola è esclusa laddove il reo abbia meramente profittato della distrazione della persona offesa. Si argomenta, in proposito, che l’aggravante della destrezza è configurabile solo in presenza di condotte caratterizzate da una speciale abilità del reo a distogliere l’attenzione della vittima dal controllo e dal possesso della cosa. In altre parole,  secondo l’orientamento più restrittivo, sussiste destrezza allorquando la condotta del colpevole è – per abilità, astuzia e rapidità – funzionale a superare l’attenzione della persona offesa, dovendo escludersi, invece, laddove l’agente si sia limitato a sfruttare un momento di disattenzione della medesima. 

Si rimane in attesa di conoscere la posizione delle Sezioni Unite sul punto.

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Cassazione penale, sez. IV, 21/12/2016, n. 7696

Fatto

RITENUTO IN FATTO.

1. Con l’impugnata sentenza resa in data 17 maggio 2016, la Corte d’Appello di Torino ha confermato la sentenza del locale Tribunale in data 14 aprile 2014, appellata dall’imputato Q.P.. Questi era stato tratto a giudizio e condannato alla pena ritenuta di giustizia per il reato di cui all’art. 624 c.p., art. 625 c.p., n. 4, perchè, al fine di trarne profitto si impossessava, occultandola in una borsa nera, di un computer portatile del valore di Euro 899,00, sottraendolo alla proprietaria P.M. che lo deteneva sul bancone dell’esercizio commerciale (bar) (OMISSIS), approfittando della distrazione della titolare e dei clienti. Con l’aggravante di aver commesso il fatto, in (OMISSIS), con destrezza e con recidica specifica, reiterata, infraquinquennale. All’imputato quale autore del fatto si addiveniva attraverso la visione di un filmato della videocamera di sorveglianza dell’esercizio, che consentiva di accertare che il Q. si era impossessato del computer, approfittando di una momentanea distrazione della titolare. Di qui l’affermazione di colpevolezza per il reato aggravato dalla destrezza. In giudizio l’imputato ammetteva il fatto.

2. Avverso tale decisione ricorre a mezzo del difensore di fiducia il Q., lamentando con un unico motivo la violazione dell’art. 606 c.p.p., lett. b) ed e), in relazione agli artt. 546 e 605 codice di rito, e art. 625 c.p., n. 4.

Premesso che l’imputato non fece alcunchè per far nascere condizioni che gli agevolassero la sottrazione del bene, evidenzia il contrasto giurisprudenziale in merito alla ritenuta aggravante della destrezza, chiedendo l’assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO.

3. Secondo la gravata sentenza, l’aggravante della destrezza è stata correttamente riconosciuta dal primo giudice, avendo l’imputato approfittato della disattenzione della proprietaria del computer, circostanza da cui si ricava “lo spessore della maggiore criminalità del soggetto”. Sul punto la Corte territoriale richiama il precedente della Suprema Corte di cui alla sentenza n. 20954 del 18 febbraio 2015 della 5^ Sezione, secondo cui in tema di furto, sussiste l’aggravante della destrezza quando l’agente approfitti di una condizione contingentemente favorevole, o di una frazione di tempo in cui la parte offesa ha momentaneamente sospeso la vigilanza sul bene, in quanto impegnata, nello stesso luogo di detenzione della cosa o in luogo immediatamente prossimo, a curare attività di vita o di lavoro. (Fattispecie in cui l’imputato aveva sottratto una bicicletta, approfittando di un’occasionale telefonata che aveva distratto il venditore).

Tuttavia, come evidenziato dallo stesso ricorrente, sul punto sussiste un contrasto giurisprudenziale che è stato peraltro segnalato dall’Ufficio del Massimario con la Relazione n. 18 del 18 marzo 2016 con cui si è dato atto del distinto orientamento per il quale “l’aggravante della destrezza è configurabile in presenza di condotte caratterizzate da una speciale abilità nel distogliere l’attenzione della persona offesa dal controllo e dal possesso della cosa” (sez. 2^, 18 febbraio 2015, Di Battista, n. 9374, Rv. 263235). (Nella specie, la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione di merito che aveva escluso l’aggravante in relazione al furto di alcuni oggetti all’interno di una automobile, lasciata aperta nel garage interno al luogo di lavoro, commesso da un collega della persona offesa che, avendo notato l’agevole accessibilità dell’abitacolo della vettura, si era allontanato dalla propria postazione con la scusa di andare in bagno, ed aveva raggiunto il predetto garage). Nella stessa direzione, la sentenza Cammareri (sez. 4^, 10 novembre 2015, n. 46977, Rv. 265051), per la quale “non sussiste l’aggravante della destrezza nell’ipotesi di furto commesso dall’agente, approfittando della situazione di assenza di vigilanza sulla res da parte del possessore. (Nella fattispecie la persona offesa, impegnata nella pesca, aveva nascosto il proprio marsupio nei pressi di uno scoglio). Da ultimo (sez. 4, n. 22164 del 22/04/2016, Rv. 267308) è stato parimenti ritenuto che non sussista l’aggravante della destrezza quando l’agente approfitti di una situazione di temporanea distrazione della persona offesa o di una frazione di tempo in cui questa ha momentaneamente sospeso la vigilanza sul bene, allontanandosi dalla cosa di poco e per poco tempo, in quanto in tal caso la condotta non è caratterizzata da una particolare abilità nell’eludere il controllo della vittima, ma dalla semplice capacità di cogliere un’opportunità in assenza di controllo da parte di quest’ultima. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto con configurabile l’aggravante in relazione alla condotta dell’imputato che aveva sottratto una vettura, approfittando del momentaneo allontanamento del conducente, sceso dal veicolo per chiudere un cancello). Secondo detto orientamento, che conta anche decisioni più risalenti, la configurabilità dell’aggravante in questione richiede un’attività che, per abilità, astuzia e rapidità, sia funzionale a superare l’attenzione della vittima, con la conseguenza che essa va esclusa qualora l’agente si sia limitato a sfruttare un momento di disattenzione della vittima, che egli non ha determinato (in tal senso, sez. 4^, 17 febbraio 2009, Scalise, n. 14992, Rv. 243207). Analogamente, sez. 5^, 22 dicembre 2009, Bonucci, 23 marzo 2010, n. 11079, Rv. 246888, la quale precisa che non ricorre la circostanza aggravante della destrezza nel caso in cui il derubato si trovi in altro luogo, ancorchè contiguo, rispetto a quello in cui si sia consumata l’azione furtiva o comunque si sia allontanato da esso, in quanto, in questo caso, la condotta non è caratterizzata da particolare abilità dell’agente nell’eludere il controllo di cui sia consapevole, ma dalla semplice temerarietà di cogliere un’opportunità in assenza di detto controllo, il che è estraneo alla fattispecie dell’aggravante della destrezza. L’orientamento restrittivo fa leva sulla ratio dell’aggravante della destrezza, preordinata a sanzionare l’aggressione al patrimonio in condizioni di minorata difesa, ritenendo che ciò “non può farsi coincidere con il mero impossessamento di una res incustodita”. In tal senso anche la sentenza Rapposelli (sez. 5^, 18 febbraio 2014, n. 12473, Rv. 259877).

Nel senso di cui alla sentenza citata dalla Corte territoriale, si pongono invece le sentenze Koverec (sez. 4^, 8 luglio 2008, n. 45488, Rv. 241989), Antenucci (sez. 6^, 7 giugno 2012, n. 23108, Rv. 252886), (sez. 5^, 17 dicembre 2014, n. 7314, Rv. 262745), per le quali, ai fini della configurabilità della destrezza non è richiesto l’uso di una eccezionale abilità, essendo sufficiente che si approfitti di una qualunque situazione soggettiva ed oggettiva, favorevole ad eludere la normale vigilanza dell’uomo medio. Analogamente, le sentenze Carelli (sez. 5^, 16 marzo 2010, n. 16276, Rv. 247262); Alia (sez. 3^, 8 maggio 2007, n. 35872, Rv. 237285); Bono (sez. 2^, 15 gennaio 2015, n. 18682, Rv. 263517).

4. Poichè il delineato contrasto non appare allo stato composto ed appare anzi essersi reiterato, è d’uopo rimettere il ricorso alle Sezioni Unite, ai sensi dell’art. 618 c.p.p..

PQM

P.Q.M.

Rimette il ricorso alle Sezioni Unite.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 21 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2017.